STRESS DA LAVORO per quattro italiani su 10

22 novembre2013

 

Stress da lavoro per quattro italiani su 10 tra posto precario e ansie da prestazione

 Lo rivela uno studio del consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. Il disagio è legato alla precarietà, alla competizione, ai carichi eccessivi, ma anche all’incertezza dell’incarico. Nella Ue questo disagio ha un costo sociale calcolato in 25 miliardi di euro

di VALERIA PINI

ROMA –  Lavoratori stressati. Ansia da prestazione, agitazione, nervosismo sono sensazioni che colpiscono il 40% degli italiani sul posto di lavoro. Disagi che nascono dallo stress, il secondo tra i problemi di salute legato all’attività lavorativa. Una tensione dovuta alla competizione, ai ritmi incalzanti, alla paura di sbagliare e per i tanti precari anche al timore di perdere il posto. Nei 28 Stati membri dell’Unione europea, lo stress da lavoro correlato colpisce quasi una persona su quattro, con un costo annuo che supera i 25 miliardi di euro. Anche perché più della metà delle giornate lavorative perse è dovuta a stress.

Per sette lavoratori italiani su dieci italiani le cause più comuni di stress sono legate alla riorganizzazione del lavoro o al carico di lavoro e delle ore di lavoro. Dati allarmanti che emergono da uno studio del consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, pubblicato nel volume Rischio stress lavoro correlato.

Secondo l’indagine, oltre sei lavoratori italiani su dieci indicano fra le cause di stress anche la mancanza di sostegno da parte dei colleghi o superiori e comportamenti inaccettabili come il bullismo, le molestie o legano lo stress a ruoli e responsabilità poco chiare. Al contrario, solo quattro su dieci ritengono che fenomeni di questo tipo siano rari, mentre uno su venti nega addirittura si verifichino fenomeni del genere. “In Italia – si legge nella ricerca – si è dato il giusto peso al fenomeno e la nostra legislazione è all’avanguardia nel campo della prevenzione dei rischi, compreso lo stress lavoro correlato. Le misure aziendali di prevenzione possono tuttavia essere molto migliorate con ricadute positive sia sui lavoratori che sulle aziende in termini di salute, produttività e minori costi”. Da due anni infatti la legge impone alle aziende valutare lo stress da lavoro correlato.

Fra le categorie più a rischio ci sono gli infermieri, gli addetti ai call center o agli uffici reclami, gli autotrasportatori. “Adottando il giusto approccio – spiega Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio nazionale degli psicologi – i lavoratori e le aziende possono vincere la battaglia contro lo stress che, quando legato all’attività lavorativa, è prevenibile e l’azione condivisa volta a contenere tale problema può essere molto incisiva”.

Il libro Rischio stress lavoro correlato  presenta un’ampia casistica sul tema. Secondo sondaggio dell’Eu-Osha, la precarietà o la riorganizzazione sono considerate le cause più comuni dello stress legato all’attività lavorativa. Circa la metà dei lavoratori in Europa (51%) ritiene che lo stress da lavoro sia comune nel proprio luogo di lavoro. Le lavoratrici sono più propense a considerarlo un fenomeno comune (54% contro il 49%). La percezione dello stress da lavoro varia anche a seconda del settore: il primo settore a indicare i casi di stress legato al lavoro come un fenomeno comune è quello sociosanitario (61%, compreso il 21% che ritiene che tali casi siano “molto comuni”).

Molte le cause dello stress da lavoro come, ad esempio, una ripartizione dei compiti non corretta, la sensazione di frustrazione perché si ritiene non essere adeguatamente utilizzati, la pesantezza dell’orario di lavoro notturno, la frequenza di incidenti. Un recente sondaggio InfoJobs.it, per il 60% dei dipendenti l’open space contribuisce allo stress lavorativo. Rumore, temperature troppo alte o basse, comportamenti inadeguati dei colleghi, per molti possono diventare un tormento che impedisce di lavorare con serenità.